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Commenti al testo proposto da Roberto Maggiani
La difesa della poesia

Sei nella sezione Commenti
 

 Ferdinando Battaglia - 03/09/2015 16:27:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Perdonate la mia ignoranza:
A parte alcuni commenti e alucne parti di altri, il resto lascia un retrogusto da salotto borghese.

 Lino - 04/01/2012 13:27:00 [ leggi altri commenti di Lino » ]

Mi era sfuggita questa ottima discussione avviata da Roberto Maggiani. George Orwell in "Lear, Tolstoj e il Matto", in realtà, difende Shakespeare da Tolstoj, il quale “indirizzò tutte le sue denunce contro Shakespeare come i cannoni di una flotta quando sparano contemporaneamente”. Se Tolstoj detesta Shakespeare, come può l’opera di questi difendersi da cotanto libellista? Soltanto l’immortalità può renderle giustizia, questo è il senso dell’affermazione di Orwell.
C’è sempre un modo per criticare più o meno ferocemente una poesia: per il linguaggio, per la forma, per il ritmo, soprattutto per le idee che essa esprime. Vale per l’opera di Shakespeare ciò che potremmo chiederci per “Il Cinque Maggio” e per “Il sabato del villaggio”, “odiate fino alle viscere” dal simpaticissimo Lorenzo Mullon: come si possono difendere? Non c’è argomento, l’unica risposta possibile è quella di Orwell.
Un caro saluto a tutti e buon anno nuovo. Lino_Lista .

 Roberto Maggiani - 27/10/2011 22:58:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

@Domenico Morana: Tu non invadi mai, sei sempre come una leggera e piacevole brezza, inaspettata e sincera =)

 Lorenzo Mullon - 26/10/2011 21:43:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Eh, ma che bello, sembriamo il Trio Lescano, la Trinità finalmente all’unisono, senza scappatelle cosmiche. Io però, lo scrivevo prima a Loredana Savelli, se devo essere sincero, non mi sento un poeta, non sarei autorizzato a partecipare a questi convegni, ad esprimere liriche opinioni, amo troppo stare all’aria aperta, sto dedicando tantissimo tempo a sistemare il sentiero degli alpini, qui dietro casa, quando siamo sotto le montagne, e alle stelle, tutte le notti sul tetto, anche a Venezia, senza soffrire d’insonnia, solo per passione, divento ultra-noioso perché parlo sempre di quelle, stelle stelle bla bla, sono innamoratissimo, evviva le stelle stelline, anche lombardo realistiche, purché stelline!
Vi voglio bene

 Domenico Morana - 26/10/2011 20:26:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

@ Lorenzo
Sono abbastanza d’accordo con te sulla scarsa propensione al partito preso della visionarietà negli ultimi trecento anni di poesia italiana, ovviamente con le eccezioni di rito: San Giovanni Pascoli, San Dino Campana (però ridimensionato a visivo, già da Gianfranco Contini) e le pauvre Lorenzo Calogero, il cui dettato era ineccepibilmente visionario.
Restano da fare i conti del Mal de’ Fiori, che ha abolito la maledizione della postalcartolinna nella poesia a venire e fatto fermentare la musica immusicale dell’alingua (in senso lacaniano)nella tinozza italiana(improvviso per impressionare gli impressionisti ma non ti credo tale, caro Lorenzo). Ma Carmelo Bene non fa scuola ... ai classici non si può che rubare, se si vuol salvare un po’ di dignità e non mortificarsi nell’imitazione.
Non è letteratura, non è ancella di niente e di nessuno la poesia, meno che mai delle arti ...

Chiedo scusa a Roberto per l’invasione di questo spazio con divagazioni e "noncommenti". Rimedio subito. Credo che il buon Orwell l’abbia proprio buttata giù così come gli veniva, annoiato come te probabilmente. Sulla noia condivido, noia, noia, noia universale, cosmopolita, poesia visionaria o no! Ma siamo su LaRecherche anche perché ci crediamo cercatori di modi nuovi per superare la noiosissima poesia.

Un abbraccio

 Roberto Maggiani - 26/10/2011 19:46:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

@Lorenzo, sono totalmente d’accordo con te! (Vedi il tuo ultimo intervento) Certe volte ti prende una noia...

 Lorenzo Mullon - 26/10/2011 18:57:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Grazie, Domenico, la Valduga è sempre interessante, anche se un po’ funerea nell’abbigliamento... Vi dirò che non amo molto i poeti italiani, sono stato sempre attratto da quelli di lingua inglese, e poi, un giorno, parlando con Roberto Sanesi, ci siamo trovati d’accordo su una certa mancanza di visione visionaria, dalle nostre parti, una poesia stranamente fiacca, il realismo lombardo, se esiste, mi spegne, solo per fare un esempio, ma probabilmente è un limite mio, chiedo scusa, a me piace la poesia che scardina dentro, ne ho un disperato bisogno, educazione cultura cattolica convenzioni sociali, troppi condizionamenti qui da noi

 Domenico Morana - 26/10/2011 16:48:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

Roberto, Lorenzo,
riporto alcuni lacerti di un’intervista di qualche anno fa a Patrizia Valduga.
Sono certo di farvi piacere e che ne condividerete, se non tutte, buona parte delle schiette argomentazioni.
Vi abbraccio


D. Per chi scrive?
- Posso dirle perché scrivo. Per cavare un po’ di piacere dalla lingua quando non mi riesce di cavarlo altrove. Allora scrivo per me. Ma se provo piacere io, penso che possa provarne anche qualche lettore.
D. Molti giovani rifuggono dalla letteratura dopo l’esperienza scolastica. Lei dice di avere odiato Manzoni, grazie alla scuola. Ma poi l’ha riscoperto. È possibile “iniziare” qualcuno alla poesia? e come bisognerebbe farlo?
- I lettori di poesia, diceva Foscolo, sono creati dalla natura. Non è possibile far scoprire il piacere della poesia a chi non ha l’orecchio sensibile. E chi ce l’ha, lo scopre da solo.
D. Il poeta – lei dice – «è lo scienziato della parola come pensiero-emozione». Può qualcosa, la poesia, contro il progressivo appiattimento del linguaggio? «… vogliono assassinare l’italiano! / Lo vogliono svilire, impallidire … Vogliono che si rantoli in inglese!».
- La poesia ha proprio questo compito, preservare la lingua dall’imbarbarimento.

D. «Pascoli amato, e tu, Clemente mio, / tornatemi alla mente che qui io / ho un tal bisogno di grande poesia!». L’eco di Pascoli ritorna spesso nei suoi versi. Quali sono gli altri grandi poeti della sua formazione? Immagino che «Clemente» sia Rebora, grande assente anche dai programmi scolastici, oltre che dalla memoria collettiva. Perché?
- Io amo tutti i poeti italiani da San Francesco a Rebora. Sa che ho nel cassetto un’antologia che s’intitola La morte nella lirica italiana da San Francesco a Rebora?
D. «Tutti gli adolescenti segaioli, / con l’acne che gli dà le depressioni, / adorano Leopardi, lune e duoli». Potrebbe spiegarmi la “razionalizzazione” della sua antipatia per Leopardi? E da dove deriva questa antipatia?
- Ho un’ammirazione sconfinata per Leopardi prosatore e filosofo. Il poeta non mi piace, i suoi versi più riusciti sono di altri, le immagini e il lessico sono di Vincenzo Monti (l’ha scritto Contini quarant’anni fa!), insomma è il più amato dagli italiani perché gli italiani non amano la poesia.
D. Ispirandosi a certe suggestioni leopardiane – o semplicemente “romantiche” – molti giovani prendono carta e penna e scrivono versi. I giornali scolastici ne sono pieni. Paesaggi e frasi che lasciano di stucco per quanto sono logori e banali. Qualcuno ha annoverato queste opere giovanili nel filone “poesia brufolosa”. La poesia brufolosa la amo poco. Perché è fatta il più delle volte di insipienza e di improvvisazione. All’improvvisazione in letteratura non credo molto. E neppure alla divina ispirazione. La letteratura è lavoro di precisione – anche molto faticoso. Lei che ne pensa?
- «La poesia è un sogno fatto in presenza della ragione», diceva un matematico nel 1706. Bisogna avere i sogni, una certa struttura psichica dove la lingua ha un ruolo fondamentale, e bisogna avere la ragione, una competenza linguistica, retorica, metrica, letteraria.

D. Lei inorridisce di fronte alla “non-cultura” televisiva, e alla spazzatura che circola anche sotto forma di libro. Ma le istituzioni, i politici (tranne qualche eccezione) sembrano molto poco interessati alla cultura. E di conseguenza alla scuola, che è sull’orlo del disfacimento. Lei è convinta che il poeta debba essere sempre impegnato sul piano civile, e che ha il compito di guardare anche al presente, di trasmettere segnali. Patrizia Valduga come giudica questo presente? e come lo vive?
- In questo momento ci sono cose molto più importanti della cultura nelle scuole. Troppe vite vengono annientate con le armi, le malattie, la fame. È immorale non sentirsi responsabili, non prendere posizione, non manifestare. Io scrivo sulle pagine milanesi di «laRepubblica», lì do il meglio di me, lì sento che esisto anche per gli altri e non solo per me.


L’intervista completa su http://www.italialibri.net/interviste/0211.html

 Lorenzo Mullon - 26/10/2011 15:53:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Grazie, caro Roberto. Sono d’accordo ma, quando intendevo lo spirito del tempo, intendevo anche quella chiamiamola "stranezza" che impone, per esempio ai nostri ragazzi, nelle scuole, di studiare cose orrende, che li allontanano dal Mondo della Poesia. Questo accade quando è il potere a decidere l’immortalità.
Due esempi? Il Cinque Maggio, e Il sabato del villaggio. Le ho odiate fino alle viscere. "La donzelletta vien dalla campagna", oltre ad essere mal scritta, con una litania pseudo-musicale, senza nessun segreto, contiene quel veleno terribile del rancore e del risentimento, che si scioglie in una maledizione senza speranza, un’intimidazione lanciata alle giovani generazioni. Almeno io l’ho vissuta così, diciamo pure che me l’hanno fatta vivere così, ma il primo impatto è quello che conta, non mi interessano le postille intellettuali, neanche a posteriori.
Insomma, bisogna anche vedere chi decide, e perché, se è animato veramente dall’Amore per la Poesia, o invece dal gusto della autocelebrazione (del potere, religioso e politico nel caso delle robe stile il Cinque Maggio) e da una volontà repressiva.
Scusa, e grazie ancora per avermi dato l’occasione di esprimere delle idee che tenevo dentro da tanto. Devo dire che mi sento meglio, sì. Veramente terapeutico, aaahhhh!

 Roberto Maggiani - 25/10/2011 19:27:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Ciao Lorenzo, con questa tua frase: "Lo spirito del tempo, di qualsiasi epoca, è sempre ingannatore, chi potrebbe emettere il verdetto in piena coscienza?" stai riaffermando quello che dice Orwell, nessuno può emettere il verdetto in piena coscienza, ma è il tempo e la durata della poesia nel suo lungo scorrere che stabilisce se una scrittura ha l’anima della poesia o è soltanto scrittura di un uomo, senza duratura esistenza (dicasi immortalità). Tuttavia la frase è soltanto ad effetto e vorrebbe infiammare chi scrive poesie portandolo a ricercare la scrittura che scaturisce dall’anima della Poesia e non dalla vanità del proprio voler essere poeti a tutti i costi, la frase porta cioè a interrogarsi: "Da dove nascono i versi che vado scrivendo?". Ma è chiaro che ci sono poesie, sicuramente, che erano degne di essere immortali in tal senso e invece sono andate perse... magari semplicemente perché chi le ha scritte le ha tenute per sé.

 Lorenzo Mullon - 25/10/2011 14:47:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Brava, Loredana, spero ci sia un’insurrezione poetica contro questa odiosa frase luciferina di Orwell!!!

 Loredana Savelli - 25/10/2011 14:02:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

In effetti chi può stabilire l’immortalità? E, soprattutto, quando? Ci sono autori "riesumati" dopo secoli dalla morte. E, forse, c’è anche una poesia del/per il tempo in cui nasce (e muore) senza per questo essere inutile o non-poesia. Interessante questione.

 Lorenzo Mullon - 25/10/2011 13:51:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Chiedo scusa, per quanto riguarda la frase, mi sembra, come al solito, molto punitiva, quasi sadica nei confronti dei poeti, i poeti viventi intendo.
Mi trovo sempre a battagliare con personaggi che dicono: "Ti credi un poeta? Non sai che ci sono solo tre (cinque sette) poeti nella storia?"
Sono le stesse domande che i giudici rivolsero al povero Brodsky prima di spedirlo in Siberia. Chi ci dà il patentino di poeta autentico? L’immortalità. E intanto? Un calcio in culo.
Non ci sto!
Sospetto che Orwell sia stato molto invidioso dei poeti, come tanti scrittori, per dire una scemata del genere.
Anche perché l’immortalità non esiste, bisognerebbe attendere la fine dei tempi, e ancora non basta... Lo spirito del tempo, di qualsiasi epoca, è sempre ingannatore, chi potrebbe emettere il verdetto in piena coscienza?

 Lorenzo Mullon - 25/10/2011 13:33:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Dal titolo pensavo: La difesa della Poesia, non di "una" poesia...
La difesa della Poesia è il tema del momento, mi sembra. Però, difenderla da cosa, da chi? La cosiddetta "ignoranza" non è altro che un vuoto, anzi: un’assenza. Non si può combattere contro il niente, i poeti devono avere una pazienza infinita con i fantasmi, nella speranza che dal Tutto scaturiscano più anime sensibili, e meno zombie. Qui l’immortalità e l’infinità coincidono. Auguroni!